Congresso Internazionale
HEIDEGGER NEL PENSIERO DI SEVERINO
Metafisica, Religione, Politica, Economia, Arte, Tecnica
Brescia 13‐15 giugno 2019
Presidente ASES (Associazione di Studi Emanuele Severino)
Vincenzo Milanesi
Direzione scientifica
Giulio Goggi, Ines Testoni, Leonardo Messinese, Gaetano Chiurazzi
Comitato referees
Francesco Altea, Nicoletta Cusano, Massimo Donà, Giulio Goggi,
Leonardo Messinese, Federico Perelda, Davide Spanio, Luigi Vero Tarca, Ines Testoni
Comitato scientifico
Francesco Alfieri, Francesco Altea, Giuseppe Barzaghi, Enrico Berti, Francesco Berto, Ilario Bertoletti, Sara Bignotti, Pedro Manuel Bortoluzzi, Giorgio Brianese, Alessandro Carrera, Hervé A. Cavallera, Gaetano Chiurazzi, Piero Coda, Umberto Curi, Nicoletta Cusano, Biagio de Giovanni, Massimo Donà, Costantino Esposito, Adriano Fabris, Maurizio Ferraris, Umberto Galimberti, Giulio Giorello, Sergio Givone, Giulio Goggi, Luca Illetterati, Natalino Irti, Michele Lenoci, Paul Livingston, Romano Madera, Massimo Marassi, Giacomo Marramao, Eugenio Mazzarella, Leonardo Messinese, Giuseppe Micheli, Vincenzo Milanesi, Francesco Mora, Salvatore Natoli, Gian Luigi Paltrinieri, Federico Perelda, Ugo Perone, Arnaldo Petterlini, Bruno Pinchard, Graham Priest, Gennaro Sasso, Carlo Scilironi, Italo Sciuto, Pierangelo Sequeri, Davide Sisto, Davide Spanio, Andrea Tagliapietra, Luigi Vero Tarca, Ines Testoni, Francesco Totaro, Gianni Vattimo, Mauro Visentin, Vincenzo Vitiello, Friedrich-Wilhelm von Herrmann
Comitato organizzatore
Francesca Alemanno, Paolo Barbieri, Claudio Bragaglio, Elisabetta Cesari, Erika Iacona,
Martina Musmarra, Laura Parenza, Marco Piscitello, Vasco Ursini, Alessia Zielo
RAZIONALE
di Giulio Goggi e Ines Testoni
Il secondo congresso internazionale dell’ASES, in occasione delle celebrazioni del novantesimo compleanno di Emanuele Severino, vuole mettere in evidenza la centralità del suo pensiero rispetto ai temi più grandi e cogenti della filosofia.
La scelta del titolo parte dal riconoscimento dell’importanza di Martin Heidegger per la storia del Novecento, rispetto alla consapevolezza della crisi della conoscenza che è derivata dal declino della metafisica. Quando, nel 1937, il filosofo tenne un corso dal titolo “Domande fondamentali della filosofia: selezioni di problemi della logica”, ove veniva sviluppato quanto elaborato a partire dalla domanda fondamentale Che cosa è la metafisica? (1929), nel tentativo di fondare la “metafisica” quale comprensione dell’ente sull’ “ontologia” quale comprensione dell’essere, la sua riflessione volgeva alla ricerca di una soluzione al progetto in cui si era incagliato Essere e tempo (1927), ovvero al non senso in cui rischiava di versare tragicamente l’essere per la morte. In quel momento storico, ove la scienza e la tecnica cominciavano a dominare l’orizzonte intero del sapere a causa della perdita di ogni potere euristico della religione dopo la morte di Dio decretata da Nietzsche, l’assunzione del rapporto tra pensiero e realtà in riferimento alla questione kantiana, già peraltro annunciata in Kant e il problema della metafisica (1929) era destinato a divenire tanto cruciale quanto senza risposta. È forse a causa di questa sostanziale mancanza di soluzione ai problemi posti che Heidegger viene considerato come il pensatore che più sistematicamente ha declinato la filosofia come modalità interrogativa del pensiero, là dove la filosofia del Novecento ha cercato di amplificare questa forma di ragionamento, oppure le si è opposta ripristinando atteggiamenti tanto kantiani quanto pragmatico-convenzionali.
Emanuele Severino previde le sembianze di siffatta lacerante deriva fin dall’inizio della sua riflessione, allorquando scrisse la sua tesi di laurea su Heidegger e la metafisica, cominciando proprio con quest’opera a indicare il contesto in cui la problematicità heideggeriana poteva non restare in sospeso. In questo libro, scritto tra il 1948 e il 1949, Severino vedeva nel pensiero di Heidegger, opportunamente interpretato, una forma di problematicismo “situazionale”, dove la posizione del problema (l’esperienza del divenire inteso come passaggio dal non essere all’essere e viceversa) non esclude la Soluzione (l’affermazione dell’esistenza dell’Immutabile come ciò che rende intelligibile il divenire), sfociando così nell’apertura alla metafisica classica. In seguito, gli scritti di Severino hanno rilevato l’appartenenza di quella Soluzione al nichilismo e cioè all’alienazione fondamentale dell’Occidente. Ed è pure emersa un’ulteriore complicazione del pensiero di Heidegger: il suo oscillare tra il versante del problematicismo “situazionale” e quello del problematicismo “trascendentale” che avvicina il filosofo di Messkirch alle posizioni più avanzate del pensiero contemporaneo (Leopardi, Nietzsche, Gentile) e cioè alle forme più coerenti del nichilismo che affermano l’inesistenza di ogni immutabile. Dal confronto serrato con Heidegger ha preso forma il concetto di apparire fino a quell’elemento essenziale della struttura della verità che costituisce l’immediatezza fenomenologica, imprescindibile dall’immediatezza logica a cui il pensiero è originariamente ancorato. Ma il linguaggio che testimonia la verità dell’essere avrebbe portato nella lontananza più estrema rispetto all’anima del pensiero occidentale, indicando quella “struttura originaria” dell’essere – il “destino” del pensiero – che implica l’eternità dell’essente in quanto essente. Se possiamo certamente asserire che Heidegger è il filosofo delle grandi domande, è altrettanto sicuro che Severino è colui che offre l’orizzonte entro cui esse possono essere affrontate e comprese, per trovare una risposta risolutoria all’interno del linguaggio che toglie l’errore, come testimonianza dell’essere e del suo apparire attraverso la sintassi della necessità.
Le conseguenze di tale risoluzione però non sono ancora state riconosciute, perché ancora la riflessione filosofica non si è cimentata in tale compito, tanto arduo quanto entusiasmante. Riuscire a rilevare analiticamente come il dialogo tra i due pensatori sia cruciale per l’intera storia del pensiero è il compito arduo e rilevante che il congresso assume come obiettivo.
SPUNTI PER UNA DISCUSSIONE
di Emanuele Severino
«Che ci siano delle ‘verità eterne’ potrà essere concesso come dimostrato solo se sarà stata fornita la prova che l’Esserci [Dasein] era, è e sarà per tutta l’eternità. Fin che questa prova non sarà stata fornita, continueremo a muoverci nel campo delle fantasticherie» (Heidegger, Essere e tempo, § 44, c, trad. it. di Pietro Chiodi). E per Heidegger questa prova manca, anche per tutti gli enti del mondo diversi dall’Esserci.
Ciò che nei miei scritti è chiamato “la struttura originaria del destino” implica con necessità l’eternità dell’ente in quanto ente, ossia di ogni ente (dove l’eternità è l’impossibilità che un qualsiasi ente che è sia stato nulla e torni a esser nulla).
L’“essere” di Heidegger è “nulla dell’ente”, ossia non è nihil absolutum. Ma per lui nemmeno l’ente, quando è, è nihil absolutum. Ciò significa che l’“essere” e l’ente hanno in comune il non essere un nihil absolutum e che quindi l’“essere” non può essere il “nulla dell’ente”. Questa dimensione comune include entrambi i termini della “differenza ontologica” (“essere”, ente) e non viene esplorata da Heidegger. È la dimensione dell’essente in quanto essente – che non è nemmeno la dimensione dell’ente in quanto ente aristotelico, ossia dell’ente che è quando è. La struttura originaria del destino è l’apparire dell’esser sé dell’essente, ossia di ciò la cui negazione è autonegazione.
L’“essere” di Heidegger è svelamento e insieme velamento, nascondimento. Che lo svelamento sia nascondimento non può significare per Heidegger che ciò che rimane nascosto sia nulla, ma che, pur nascosto, esiste. Ma questa esistenza non può essere un contenuto fenomenologico – e nei testi di Heidegger è assente la prova che ciò che è nascosto esiste: essi presuppongono soltanto la tesi che se qualcosa si manifesta deve esistere tutto ciò che non appartiene al contenuto manifesto.
Si presenti come la libertà dell’Esserci affermata in Essere e tempo, o come libertà dell’“essere”, affermata dopo la “svolta”, nemmeno la libertà – va osservato – può essere un contenuto fenomenologico. In base a che cosa è affermata da Heidegger? Nell’intervista allo Spiegel, parlando del Dio che ci può salvare e aggiungendo che ciò può anche non avvenire, sembra che alluda alla libertà dell’“essere”.
Ciò da cui solo un Dio ci può salvare è l’annientamento o la tecnica? È tutti e due. Comunque la salvezza viene dalla dimensione ontica, sia pure diversa da quella metafisicamente intesa; e in questo senso resta confermato il progetto iniziale di Essere e tempo che sospende il giudizio sulla configurazione della dimensione ontica (esistenza di Dio, immortalità dell’anima, ecc.).
Per Heidegger la “filosofia” finisce nella tecnica, vi ha compimento e non può più modificare il mondo e dare salvezza o perdizione: ormai è la tecnica a padroneggiare tutte le cose. Sennonché la tecnica domina perché le forze che si illudono di servirsene rinunciano ai loro valori; e la rinuncia è effettiva quando ciò che nei miei scritti è chiamato “il sottosuolo filosofico del nostro tempo” mostra che quei valori non sono verità assolute, perché la verità assoluta è morta. La “filosofia” (che è l’essenza dell’Occidente) modifica il mondo a tal punto da determinare la dominazione “di diritto” della tecnica.
TOPICS
Filosofia prima
Epistéme e alétheia
Linguaggio e verità
Essere e tempo
Ontologia e differenza ontologica
Essere ed esserci
Sein – Nichts
Lasciar essere (Gelassenheit) e necessità
Geschick des Seins, Ereignis
Metodo fenomenologico e struttura originaria
Orthótes, Unverborgenheit, destino
Filosofia e follia
Dimenticanza dell’essere, nichilismo
La “Svolta” (Kehre)
Storia della filosofia
I presocratici
La parola di Anassimandro
La parola di Parmenide
Platone e le radici della tradizione metafisica
Aristotele: theoria, physis, praxis, poiesis
Paolo, Agostino e la temporalità del Dasein
Leibniz e il principio di ragion sufficiente
La questione kantiana: trascendentale e comprensione ontologica
Nietzsche: eternità e “morte di Dio”
Hegel: identità, differenza, dialettica
Husserl e il “principio di tutti i principi”
Lettura heideggeriana e lettura idealistica della storia della filosofia
Filosofia della prassi – Estetica
Il problema della politica
Democrazia, capitalismo, tecnica
Il problema religioso
Eclissi dell’etica?
Il problema della tecnica
L’essenza dell’opera d’arte
DEADLINE E ABSTRACT
Coloro che sono interessati, devono inviare un abstract entro il 28 febbraio all’indirizzo: ggoggi@libero.it
La struttura degli asbtract deve essere la seguente:
Cognome Nome
Professione (o studi in corso) e indirizzo email
Titolo
Testo (carattere: Times New Roman; dimensione carattere: 12; numero caratteri, spazi inclusi: minimo 4000, massimo 8000; interlinea singola)
Bibliografia (corrispondenza tra citazioni nel testo e voci bibliografiche: massimo 10 voci)
L’accettazione dei contributi sarà resa nota agli autori entro il 31 marzo
La programmazione sarà predisposta entro il 31 maggio.
L’iscrizione al Congresso come relatori e uditori – aperta fino al 20 maggio 2019 – è possibile solo ai soci Ases che sono in regola con il pagamento della quota associativa 2019. Per ricevere informazioni sulla modalità di iscrizione, rivolgersi al seguente indirizzo: paolobarbieri55@gmail.com
Si rilascia attestato di partecipazione e Atti congressuali.
Verranno selezionati i contributi più importanti per la realizzazione di un volume collettaneo.