Sono in molti a chiedermi come ha fatto Emanuele Severino a dare testimonianza, per più di sessanta anni, del “destino della verità”?
Rispondo che non è certamente l’ “individuo” Emanuele Severino ( che, in quanto individuo, è, come tutti gli altri individui, un errore) a dare quella testimonianza.
A darla è stato il suo “essere Io destino”. Come ciò è avvenuto ce lo dice lui stesso:
“Quel periodo (quello del processo presso il Sant’Uffizio avvenuto all’inizio del 1970 – n. d. s ) fu tra i più belli” significa: “Si mostrò la fede, il sogno, che fosse tra i più belli”. Inoltre era venuto il dono del linguaggio che testimonia il destino. Che non è espressione scioccamente immodesta, perché non è il mio esser “uomo” a ricevere il dono. Il donante è il destino ed è ancora il destino – il mio esser Io del destino – ad aver ricevuto quel dono. (Che non è una “grazia”, perché è necessità che il destino doni tutto ciò che egli dona.) (Emanuele Severino, il mio ricordo degli eterni – Autobiografia, Rizzoli, 2011, p. 95)