Vasco Ursini segnala i seguenti punti nodali del pensiero di Emanuele Severino sull’apparire empirico e sulla non divenienza dell’apparire trascendentale

Vasco Ursini segnala i seguenti punti nodali del pensiero di Emanuele Severino sull’apparire empirico e sulla non divenienza dell’apparire trascendentale.

1) Che con l’incominciare ad apparire da parte di un essente incominci ad apparire ‘questo stesso’ incominciante apparire significa pertanto che con l’incominciante appartenenza di un essente al cerchio dell’apparire incomincia ad appartenere a questo cerchio ‘questa stessa’ incominciante appartenenza, e che con l’incominciante relazione dell’apparire di un essente alla totalità di ciò che appare incomincia ad essere in relazione a questa totalità ‘questa stessa’ incominciante relazione.
E come il qualsiasi essente incomincia ad apparire è eterno, così sono eterne quell’incominciante appartenenza e quella incominciante relazione (La Gloria, p. 104).

2) L’essente che incomincia ad apparire entra nel cerchio dell’apparire del destino nel senso che l’apparire di tale essente (l’apparire empirico…) è una parte, della totalità di ciò che appare, che entra in tale totalità, ossia entra […] nell'”apparire Trascendentale” […].
Tutto ciò che può entrarvi è una sua parte (e pertanto è una sua parte anche l’incominciante apparire di un certo essente, l’incominciante appartenenza e l’incominciante relazione di cui si è detto qui sopra); e ogni sua parte, come ogni essente, è un eterno (ed è insieme una parte della totalità dell’essente) (La Gloria, p. 105).

3) L’apparire trascendentale – che è l’orizzonte non incominciante di ciò che appare – è invece lo sfondo non diveniente rispetto a cui sopraggiungono gli eterni incomincianti:

L’apparire (trascendentale) non diviene né in senso nichilistico né in senso non nichilistico. Accoglie gli eterni – ossia accoglie gli essenti che compaiono, accoglie il loro comparire, accoglie il suo stesso accoglierli (e anche qui… l’accogliere è lo stesso accogliere-che-è-accolto); ed è la luce eterna e immutabile in cui tutto ciò che si illumina, e quindi il suo stesso illuminarsi, è un eterno, ossia non è qualcosa che esca dal nulla (La Gloria, p. 105-106)

4) In conclusione si tenga presente che

L’appartenenza (o la relazione) di una parte al tutto non è il  tutto. E solo della parte si può affermare lo scomparire, ossia solo di ciò che è parte di quel tutto che è l’apparire trascendentale. Scompare il tavolo, scompare il suo apparire, scompare l’appartenenza del tavolo e del suo apparire all’apparire trascendentale (Il parricidio mancato, p. 157).

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