alcune letture, tratte dai testi di Severino, sui temi della morte e della tecnica, a cura di Gruppo ARS (Attività Ricerche Studi) di CCS-ASES Associazione di Studi Emanuele Severino, 8 gennaio 2024

Di seguito, alcune letture, tratte dai testi di Severino, sui temi della morte e della tecnica.
“La morte, intesa come l’evento dove chi muore esce non solo dall’esperienza altrui, ma anche dalla propria e se ne va nel nulla, è qualcosa di abissalmente diverso dalla morte dove chi muore è un eterno che esce dall’esperienza che si ha della sua vita, essendo peraltro destinato a ritornarvi” (Dispute sulla verità e la morte, Rizzoli, Milano 2018, p. 17)“La cultura dell’Occidente, ormai diventata planetaria, si trova nella condizione di voler curare l’angoscia per la morte con questa stessa angoscia, essendo cioè, tale cultura, la forma originaria dell’angoscia estrema…La cura dell’angoscia non può quindi che fallire, religiosa o laica che sia” (Ivi, p. 54).
Si tratta di “prendere atto di questo fallimento, unitamente tuttavia alla condivisione della consapevolezza che la nullità degli essenti non è l’evidenza indiscutibile, la verità innegabile mai messa in questione dall’Occidente, ma è il contenuto di una fede, tanto più inestirpabile quanto più essa affonda le proprie radici nel più lontano passato dell’uomo” (Ivi, p. 54).
 
“La visione della nullità del tutto è destinata ad annientare non solo ogni verità eterna e immutabile, ma anche ogni volontà di potenza e ogni téchne. […] Il pensiero di Leopardi scorge che nemmeno il paradiso della civiltà della tecnica può evitare il proprio fallimento. Se lo evitasse, si presenterebbe daccapo come una delle strutture immutabili che la visione del divenire e della nullità (cioè della propria annientabilità) dell’essere rende impossibile” (Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica: Leopardi, Rizzoli, Milano 1990, p. 344)
“La tecnica distrugge l’intera tradizione occidentale avendo al proprio fondamento la téchne, ossia il modo in cui i Greci pensano l’agire dell’uomo. Per essi, alla radice di ogni agire, umano o divino, sta il divenir e l’oscillare delle cose tra l’essere e il nulla. Si tratta di comprendere che innanzitutto in questo pensiero, e poi nel modo in cui esso raggiunge la propria radicalità nella tecnica del nostro tempo, si trovano le “radici della violenza”. […] Filosofia contemporanea, scienza e tecnica formano l’unità in cui consiste la tecnica del nostro tempo […]. Questa unità sta al fondamento dei grandi e meno grandi fenomeni secondo i quali si struttura l’essere umano del nostro tempo […] Essa trova a sua volta il proprio fondamento nell’inizio della civiltà occidentale, ossia in ciò che i Greci chiamano téchne e che pensano come la relazione dell’uomo al divenire delle cose tra l’essere e il nulla” (TéchneLe radici della violenza, Rizzoli, Milano 2010, pp. 10-11)

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