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Da credente cattolico, concordo pienamente, nel dire che la dimensione “religiosa” va superata in favore di una posizione di “fede consapevole”. Quest’ultima contiene in sè l’apertura all’eterno e all’infinito, cioè al continuo oltrepassamento di tutto quello che ci può apparire e/o possiamo immaginare. Ecco perchè convengo con il pensero qui esposto, ossia che la “gamba zoppa” può far zoppicare anche gli altri. Ma – vivendo nell’alienazione dell’errore nichilistico – ognuno è necessariamente obbligato ad assumere la sua “fede” (quale che sia) in modo responsabile, ossia consapevole che il destino della necessità non può mai esseere abbracciato del tutto, per lo meno al momento, ma occorre riflettere per sviluppare il linguaggio in modo da poterlo dire in modo sempre più liobero dall’errore. Senza errore, non ci sarebbe verità. Quindi, bisogna che siamo consapevoli che nessuno è “non zoppo”, ma può aiutare a zoppicare meno…Ci sarebbe tanto da dire, su questo….
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Caro Luca Corradi,
che per vivere è necessario credere non c’è alcun dubbio. E puntualizzo che è necessario sia per chi non sa che per chi sa che credere è errare. Sono d’accordo con te quando scrivi che “senza errore non ci sarebbe verità” o quando aggiungi che “siamo consapevoli che nessuno è “non zoppo”, ma può aiutare a zoppicare meno. Devo però dirti che la strada da te indicata, e cioè “che “la dimensione religiosa” va superata in favore di una posizione di “fede consapevole”, non può condurre alla verità, sia perché sempre di “fede” si tratta, sia perché “un individuo”, chiunque egli sia, essendo errore, non potrà mai raggiungere la verità. Essendo quell’individuo un errore, il suo commino verso la verità non lo condurrà mai alla verità. In quanto individui siamo tutti “non zoppi”, crediamo di essere mendicanti. Ma in quanto ciascuno di noi, nessuno escluso, è innanzitutto “l’esser io del destino”, può tentare di porsi nello sguardo del “destino della verità” e tentare di darne testimonianza.
Con i migliori saluti
Vasco Ursini
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Gent.mo prof Ursini,
la ringrazio dell’attenzione che ha avuto per questo mio troppo breve commento, dal quale potrebbe nascere anche un utile chiarimento. Mi consenta quindi di replicare garbatamente che – senza dubbio – ciascuno è “non zoppo” ed è “l’esser io del destino”. Ma quello che, secondo me, merita approfondimento è quella parola “tentare”, che lei usa. Sarebbe – se capisco bene – il tentativo di individuare un linguaggio capace di indicare il destino (che si mostra da sempre, anche se non ne siamo consapevoli). Con “errare (che non vuol dire solo sbagliare, ma anche vagare) con responsabilità” intendo dire lavorare per individuare quelle che chiamo “contraddizioni dell’errare”, ossia le contraddizioni tra fedi, che portano al loro tramonto, in vista di una sempre maggiore presa di coscienza che non siamo mendicanti, ma re. Le cito – per sottolineare che il tema è molto importante – queste parole, che il Maestro E. Severino mi ha inviato in risposta a una domanda sul tema: “Caro Professore, poiché “l’emergere del destino” (per usare le sue espressioni) non può essere che l’incominciare ad apparire del linguaggio che sa indicarlo (infatti il destino appare eternamente), allora la “critica delle contraddizioni dell’errare” è già esso questo “emergere”: l’unico errore è che io non sono professore. Gradirei moltissimo una sua risposta, quanto meno per capire se sono riuscito a spiegarmi.
Con viva cordialità, le porgo i miei saluti
Luca Corradi
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L essere umano non è al 100 % ragione. Le religioni si rivolgono alle facoltà non razionali, per conoscere e avvicinarsi alla verità anche con questo mezzo. Anche un monosillabo cosmico è meglio che niente.
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Caro Luca Corradi,
non voglio rispondere al suo ultimo commento per non allungare troppo la nostra discussione. Desidero invece congratularmi con lei per la dimensione in cui il suo pensare si pone attraverso un apprezzabile uso di un linguaggio che lascia trasparire la capacità di far “emergere”, non senza incertezze e contraddizioni, il “destino della verità”, che già da sempre appare eternamente.
Un caro saluto
Vasco Ursini
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