Le opere di genio, G. Leopardi, Zibaldone, 259-261

Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della via, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia a un’anima grande, che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia [ … ] servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo […] le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta […] e l’anima riceve vita se non altro passggiera dalla stessa forza con cui sente la morte perpetua delle cose, e sua propria.
(G. Leopardi, Zibaldone, 259-261).

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