Vasco Ursini, Significativi riconoscimenti espressi nei confronti di Emanuele Severino da Enrico Berti

Enrico Berti è professore emerito di storia della filosofia. Particolarmente interessato alla filosofia di Aristotele, ne ha intravisto le tracce nella metafisica, nell’etica e nella politica contemporanea, in particolar modo per i problemi della contraddizione e della dialettica. E’ autorevolmente dentro la dibattuta questione del rapporto tra scienza e filosofia che si incentra su una razionalità non rapportabile a quella metafisica ma piuttosto alla dialettica e alla retorica.

Qui si vuole porre in evidenza i quarant’anni di discussione che Berti ha avuto con Emanuele Severino, dal convegno per assistenti universitari svoltosi all’Antonianum di Padova nel 1961 – cioè prima di ‘Ritornare a Parmenide, alla sua critica di questo rivoluzionario saggio, alla severiniana ‘Risposta ai critici’ e agli incontri avvenuti tra i due filosofi nei numerosi convegni cui hanno successivamente partecipato.

E’ proprio in occasione di uno di questi convegni ed esattamente nel corso della ‘giornata’ in onore di Emanuele Severino svoltasi a Venezia nell’Auditorium di Santa Margherita il 24 gennaio 2001 che Enrico Berti espresse, nel suo intervento nella tavola rotonda prevista dal programma, questi significati riconoscimenti nei confronti di Emanuele Severino:

“1. il merito di aver ridato vitalità alla grande problematica ontologica classica, quella che parla di essere e di non essere, di divenire e di apparire, d’identità e differenza, in un’epoca n cui questa problematica, a causa delle varie forme di scientismo, sociologismo e prassismo, sembrava eclissarsi (si può dire che Severino ha rilanciato quella che Aristotele chiamava la “filosofia prima”, facendola potentemente riemergere al di sopra delle varie “filosofie seconde”;

2. la sua straordinaria forza argomentativa, fondata sulla valorizzazione del principio di non contraddizione e sulla riscoperta della riduzione alla contraddizione (élenchos) come forma fondamentale di argomentazione filosofica;

3. La tematizzazione del sapere scientifico-tecnologico come caratteristica fondamentale del nostro tempo, e la critica al tendenziale nichilismo in esso contenuto; 4. la sua chiarezza ed efficacia espositiva, quella chiarezza che Piero Martinetti giustamente considerava come “l’onestà del filosofo”, e un’efficacia di espressione che non disdegna il ricorso a immagini, spesso ricche di significato poetico;

5. La fondamentale inattualità del suo pensiero e il suo sostanziale isolamento, malgrado l’esistenza di numerosi suoi allievi, tutti però – a quanto mi risulta – da lui almeno in parte dissenzienti. Queste ultime qualità non sono da considerarsi negative, perché l’inattualità è proprio ciò che rende originale, interessante e attraente il pensiero di Severino, e l’isolamento, oltre a testimoniare lo spirito di libertà che caratterizza la sua scuola, è paragonabile a quella che lo stesso Severino una volta chiamò “la regale solitudine” del principio di non contraddizione”.

(Cfr. Le parole dell’essere. Per Emanuele Severino, Bruno Mondadori, Milano 2005,pp. 75-76)

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