Il primo Wittgenstein, uno dei fari più luminosi della filosofia del nostro tempo. Il Wittgenstein del “Tractatus logico-philosophicus”.In questa sua prima opera, per me la più importante, Wittgenstein cerca di determinare, attraverso uno studio della struttura logica del linguaggio, che cosa si possa sensatamente dire, al fine di determinare in tal modo l’ambito del dicibile e del pensabile rispetto all’indicibile. L’opera è suddivisa in sette tesi principali, che (fino alla tesi 7: “Di ciò di cui non si può parlare bisogna tacere”) sono spiegate in base al loro “peso logico” con sottotesi numerate tramite cifre decimali. Il linguaggio è la “fotografia” della realtà. Lui dice testualmente che ” il linguaggio “dipinge” la realtà”. Con la forma universale della proposizione, cioè con l’essenza della proposizione, si indica l’essenza del mondo. Tutto il dicibile, secondo la teoria della proposizione come raffigurazione, deve soddisfare la struttura logica che il linguaggio e la realtà hanno in comune. Per questo deve essere nel mondo, deve stare ne mondo, immanente nel mondo.Sul mondo come intero, sui valori e sul senso del mondo e della vita, sulla morte, che non è un evento della vita, su Dio, che non si manifesta nel mondo, non si può dire letteralmente nulla.Se dunque la filosofia viene intesa come dottrina, cioè come disciplina che mira a dire qualcosa che non si può dire, essa va accantonata. La filosofia deve dunque essere concepita come un’attività il cui scopo è la chiarificazione logica dei pensieri.
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