«La radice è sempre la stessa, non è che vada a colpire in ordine sparso. La forma più rigorosa di follia oggi è la tecnica: viviamo il tempo del passaggio dalla tradizione a questo nuovo dio. La globalizzazione autentica non è quella economica, è quella tecnica. Commettiamo l’errore di credere che capitalismo e tecnica siano la stessa cosa: no, hanno scopi diversi. Il capitalismo ambisce all’incremento infinito del profitto privato, la tecnica all’incremento infinito della capacità di realizzare scopi, ovvero della potenza. La tecnica ucciderà la democrazia, a partire dagli Stati più deboli come l’Italia. Tale processo poi investirà anche Usa, Russia e Cina. Gli Stati Uniti a un certo punto prevarranno, ma non in quanto nazione, bensì come gestori primari della potenza tecnologica. Ora fatichiamo a comprenderlo, perché ci troviamo in un tempo intermedio. Siamo come il trapezista che ha lasciato un attrezzo (la tradizione) e non si è ancora aggrappato all’altro (la tecnologia, il nuovo dio). Siamo sospesi nel vuoto e ci sembra di essere sperduti».
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L’ha ribloggato su ANTOLOGIA del TEMPO che resta.
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