Una volta rigettata ogni istanza metafisica e gnoseologica, la vita non può concepirsi che sul piano dell’immediatezza, ossia dei giudizi di valore non giustificabili in funzione di un criterio sistematico. E allora è chiaro che assumere come valore il bello val quanto assumere l’utile o il buono, e non v’è anzi possibilità alcuna di dare ai concetti di bello, di utile, di buono un fondamento che vada al di là del gusto. La vita è bellezza dirà l’uno, e l’altro risponderà che invece è sacrificio, ma la sua risposta è dogmatica quanto la prima e non ha argomenti di sorta per combatterla e sostituirla. […] Perché l’altruismo possa dirsi veramente moralità, e distinguersi dall’edonismo e dall’estetismo, occorre non porre arbitrariamente l’altro come oggetto del proprio gusto, ma riconoscerlo come valore assoluto, in virtù di una metafisica che consenta di concepirne l’effettiva alterità. Fino a quando questa fondazione metafisica dell’altro e propriamente del significato dell’essere non è compiuta, parlare di moralità è soltanto una ipocrisia da retore.
Ugo Spirito, “La vita come arte”