In memoria del Professor Severino da poco scomparso, ecco un passo da “Legge e caso” del 1979, cap. VII, nel quale leggo un po’ a caso:
“L’ esistenza del divenire è l’ evidenza originaria dell’ Occidente, e l’ Occidente evoca gli immutabili appunto per dominare il divenire. E’ quindi inevitabile che questa forma di dominio – che, attraverso l’ evocazione degli immutabili giunge a cancellare il divenire sul fondamento del riconoscimento più perentorio del’ esistenza del divenire – finisca per mostrare il proprio carattere onirico e quindi la propria impotenza rispetto agfi eventi che, sopraggiungendo, lacerano la rete degli immutabili e e irrompono nell’ esistenza come imprevedibilità e novità radicali e quindi come minaccia estrema e mantenuta”.
Il pensiero del divenire, sorto con la sapienza greca, è pensiero di ciò che proviene dal niente e al niente ritorna, ciò che muta in continuazione ed è illusorio pretendere di fermare. Un così lungo scacco della ragione scientifica nel senso moderno, sorta soltanto negli ultimi trecentocinquant’ anni, pensa Severino, non è dovuto ad una qualche prematurità o immaturità dello spirito umano ma all’ angoscia, generata dalla radicale scissione fra “verità”, ovvero ciò che è saldo ed immutabile, poiché se mutasse potrebbe esistere un altrimenti della verità il che è impossibile, e la pretesa di essere degli enti che vengono dal niente ed in esso si annientano nuovamente, ed incessantemente.
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https://emanueleseverino.com/1979/01/02/emanuele-severino-legge-e-caso-adelphi-1979-p-147/
