Gabriele Pulli, L’atemporalità dell’inconscio, in Freud e Severino, Moretti e Vitali editori, Bergamo 2009, pp. 17-18

Il tema dell’atemporalità dell’inconscio esige dunque ancora un approfondimento, attende ancora “l’ “esatta valutazione filosofica” di cui parlava Freud.Ma in che cosa consiste precisamente? Che cosa intende, precisamente, Freud per atemporalità? (Si rifletta sul fatto che il tempo può essere inteso in diversi modi e che il concetto di tempo non è certamente di facile determinazione. E ciò non può non riflettersi sul concetto di atemporalità, dato che per definire cosa sia l’assenza di tempo bisogna definire cosa sia il tempo che è appunto assente. Basterebbe pensare al celebre passo delle ‘Confessioni’ di Agostino: “Cos’è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe spiegarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole [ … ] Cos’è dunque il tempo? Se nessuno mi interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so” , Oppure, a quanto afferma Heidegger: “Siamo molto lontani dal poter rispondere alla domanda che cosa sia il tempo. Deve persino restare aperto se questa domanda “che cos’è il tempo” sia una domanda appropriata al tempo”).Per rispondere a tale domanda si deve esaminare innanzitutto il contesto del passo freudianoi del ’32. Immediatamente dopo aver auspicato “l’esatta valutazione filosofica” della inalterabilità “del processo psichico ad opera dello scorrere del tempo”, Freud afferma: “Impulsi di desiderio che non hanno mai varcato l’Es, ma anche impressioni che sono state sprofondate nell’Es dalla rimozione, sono virtualmente immortali, si comportano da decenni come se fossero appena accadute”. Desideri e impressioni che non hanno mai raggiunto la coscienza o che sono stati allontanati, rimossi, “dopo decenni come se fossero appena accaduti”. Dunque sono “virtualmente immortali”.Perché Freud li definisca “virtualmente immortali” e non semplicemente “immortali”, lo si comprende da quanto soggiunge immediatamente dopo: “Solo quando sono divenuti coscienti mediante il lavoro analitico, essi possono esser riconosciuti come passato, esser svalutati e privarti del loro investimento energetico; anzi su ciò si fonda, e non in minima parte, l’effetto terapeutico del trattamento analitico”. Tali desideri e impressioni sono immortali fin quando restano inconsci, qualora raggiungano la coscienza acquisiscono la nozione del tempo, dunque vengono “riconosciuti come passato”, e su questa possibilità si fonda “l’effetto terapeutico del trattamento analitico”.Il fine della terapia psicoanalitica è consentire di riconoscere qualcosa come passato, restituire al flusso del tempo qualcosa che ne era rimasto fuori.

( da Gabriele Pulli, Freud e Severino, Moretti e Vitali editori, Bergamo 2009, pp. 17-18).

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