L’innegabilità autentica della negazione della tradizione occidentale – mentre la negazione inautenticamente innegabile di tale tradizione tende, ancora, a risuonare soltanto nel sottosuolo filosofico del nostro tempo – è il fondamento dell’accadimento ‹necessario› della civiltà della tecnica. Senza questa negazione autenticamente innegabile il prender piede di tale civiltà rimane un processo che, per quanto imponente, potrebbe ritornare sui propri passi lasciando prevalere le forze della tradizione. Ma la negazione autenticamente innegabile della tradizione rende impossibile tale regressione. Nello sguardo del destino, dove appare la storia autentica del mortale, la situazione storica che si libera necessariamente della contraddizione essenziale che compete alla tradizione dell’Occidente è pertanto la ‹sintesi› in cui la negazione autenticamente innegabile della contraddizione di tale tradizione sta al fondamento della necessità che la dominazione della tecnica abbia ad accadere. (Qualcosa come tradizione dell’Occidente e civiltà della tecnica, si è detto, appare nella terra isolata; ma la ‹sintesi› che unisce questi due eventi è la necessità autentica che, nella terra isolata, in quanto appare nel destino, conduce dalla tradizione al dominio della tecnica. Una sintesi, questa, essenzialmente diversa dalla sintesi che appare all’interno della terra isolata dal destino, costituendo la storia inautentica del mortale. In quest’ultima la negazione inautenticamente innegabile della tradizione esce dal sottosuolo filosofico del nostro tempo e facendosi sentire dalla tecnica guidata dalla scienza moderna fonda la necessità inautentica del suo accadimento).” EMANUELE SEVERINO (1929), “Storia, gioia”, Adelphi, Milano 2016 (I edizione), Parte prima ‘Sulla storia’, II. ‘Storia autentica e inautentica del mortale’, 4, pp. 30 – 31.
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