Ritornare a Parmenide non significa riproporre il passato.
Ripensare Parmenide significa piuttosto ritornare al bivio da cui si dipartono il sentiero dell’Occidente e il sentiero non percorso dove la verità non è potenza sul divenire.
Nei miei scritti, ritornare a Parmenide significa oltrepassarlo in modo diverso da come è stato oltrepassato nel “parricidio” compiuto da Platone.
“Neoparmenidismo”? E’ un termine usato dai miei critici, non da me.
Innanzitutto, l’essere a cui si riferiscono i miei scritti è la negazione dell’ “Essere” di Parmenide, perché non è l'”Essere” vuoto e astratto ma è la totalità concreta degli essenti.
Certo, della totalità concreta delle cose bisogna dire ciò che Parmenide dice dell’Essere, cioè che è eterna.
Ma, affermando che gli essenti sono nulla, il pensiero di Parmenide (quello che è stato tramandato dalla tradizione filosofica) è la prima gigantesca forma di nichilismo.
(Emanuele Severino, La Follia dell’Angelo, Rizzoli, Milano 1997, pp. 82-83)
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