PARMENIDE, EMANUELE SEVERINO, BERTRAND RUSSELL E L’INTERPRETAZIONE DI PARMENIDE FATTA ATTRAVERSO LA FILOSOFIA DELL’ANALISI LOGICA DI BERTRAND RUSSELL

Il seguente post intende mostrare come la filosofia analitica e in particolare la trattazione che Bertrand Russell, uno dei maggiori esponenti di questo tipo di filosofia, fa del pensiero di Parmenide, non riesce a cogliere l’essenza fondamentale e la portata rivoluzionaria del pensiero del grande filosofo presocratico.
La mia argomentazione si svolgerà come di seguito descritto: ho prima esposto in sintesi la trattazione di Russell poi ho esposto la trattazione di Severino e infine il confronto “diretto” Severino vs Russell.
ECCO COME RUSSELL PRESENTA PARMENIDE
Spesso si dice di lui(Parmenide) che abbia inventato la logica, ma ciò che realmente inventò fu una metafisica basata sulla logica.
Il solo essere vero è « l’Uno », infinito ed invisibile. « L’Uno » non è concepito da Parmenide nella maniera in cui noi concepiamo Dio; sembra che pensi a lui come a qualche cosa di materiale e di esteso, dato che ne parla come di una sfera. Ma non può essere suddiviso, perché è presente ovunque tutto intero. ..
La dottrina di Parmenide era esposta in un poema, Sulla natura. Considerava ingannevoli i sensi e disprezzava come mera illusione la moltitudine delle cose sensibili.
Ciò che dice intorno alla strada della verità, almeno per quanto ne è giunto fino a noi, è nei suoi punti essenziali quel che segue:
« Tu non puoi sapere ciò che non è (che è impossibile) né esprimerlo; perché la cosa che può essere pensata può anche essere»
Come, allora, ciò che è può dover essere nel futuro? Oppure come poté cominciare ad essere? Se cominciò ad essere, non è; e non è neppure se dovrà essere nel futuro. La cosa che si può pensare è la stessa per la quale esiste il pensiero: infatti non potreste trovare un pensiero senza qualcosa che è, come non si può esprimere ciò che non è”
Russell conclude: “ Questo è il primo esempio in filosofia di un ragionamento esteso dal pensiero e dal linguaggio all’intero mondo”
Poi aggiunge: “Parmenide suppone che le parole abbiano un significato costante; in realtà è questa la base del suo ragionamento, che egli suppone indiscutibile. Ma…non accadrà mai che due persone che usano la stessa parola abbiano proprio lo stesso pensiero in testa. Ciò dimostra l’erroneità del ragionamento di Parmenide.
BERTRAND RUSSELL, STORIA DELLA FILOSOFIA OCCIDENTALE, Filosofia Greca, Longanesi &C.,1966 pp. 82-87
IL TIPO DI TRATTAZIONE SU ESPOSTO RIDUCE LA VERITÀ ESPRESSA DAL PENSIERO DI PARMENIDE A UN PURO VUOTO, UN FORMALISMO CHE ESCLUDE TOTALMENTE LA SOSTANZA ONTOLOGICA DEI VERSI DI PARMENIDE. IL RAGIONAMENTO DI RUSSELL PRESENTA ANCHE UNA SUPERFICIALITÀ CHE LASCIA SGOMENTI.
Il grande principio parmenideo è: l’essere è e non può non essere; il non essere non è e non può in alcun modo essere. Dunque l’essere è e va affermato, il non essere non è e va negato, e questa la “verità”; negare l’essere o affermare il non-essere è invece assoluta falsità
Nella interpretazione di Russell, fatta seguendo la filosofia dell’analisi logica del linguaggio, l’Essere, il Tutto, viene ridotto al pensiero di una cosa, un nome che si riferisce al reale.
Nella interpretazione più accreditata invece:
PARMENIDE PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DEL PENSIERO OCCIDENTALE ENUNCIA IL GRANDE PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE: L’ESSERE È E NON PUÒ NON ESSERE E IL NON-ESSERE NON È E NON PUÒ ESSERE.
Inoltre, viene messo in evidenza come solo l’essere sia pensabile e dicibile, e come il non-essere sia impensabile e indicibile.
L’essere così inteso in senso integrale e univoco, non può nascere perché altrimenti, deriverebbe da un non essere, il che è impossibile non può perire perché altrimenti, andrebbe in un non essere, che non c’è, non ha un passato e un futuro, ma è sempre, è immobile, è tutto uguale, è come una perfetta sfera, quindi un tutto-uno. Le cose di cui gli uomini parlano, in realtà, non sono altro che vano nome.
Leggiamo i versi di Parmenide:
“Ora, io ti dirò – e tu ascolta e ricevi la mia parola – quali sono le vie di ricerca che sole si possono pensare: l’una che «è», e che non è possibile che non sia – è il sentiero della Persuasione, perché tien dietro alla Verità – l’altra che «non è», e che è necessario che non sia. E io ti dico che questo è un sentiero su cui nulla si apprende. Infatti, non potresti conoscere ciò che non è, perché non è cosa fattibile, né potresti esprimerlo.
E’ necessario il dire e il pensare che l’essere sia:
infatti l’essere è, il nulla non è; queste cose ti
esorto a considerare.(Parmenide, frammenti 2 e 6, traduzione di Giovanni Reale)
Nella trattazione di Russell la grande scoperta di Parmenide, la physis come essere, l’Essere, il Tutto, viene ridotta all’invenzione di “una metafisica fondata sulla logica” dove si capisce chiaramente che la parola “metafisica” è considerata un vaniloquio.
Vediamo come Severino mostra che Parmenide dal principio: “L’essere è, e non può non essere, il non essere non è” arriva alla scoperta della verità dell’esistenza e dell’eternità del Tutto.
“– Già per i primi filosofi la phýsis è l’essere stesso (l’essere, nella sua totalità) che, liberato dalla non-verità del mito e da ogni conoscenza priva di verità, si manifesta nella sua verità e si offre all’ascolto. Ma è Parmenide (VI-V sec. a.C.) il primo pensatore che, nella storia dell’uomo, presta ascolto al senso dell’essere conducendolo all’interno di una riflessione e di una testimonianza esplicite. Per questo motivo, riferendoci all’oggetto di chi filosofa prima di Parmenide, abbiamo preferito il termine “cosa” (ad esempio: la totalità delle cose), piuttosto che il termine “essere” o “ente”.
Anche il poema di Parmenide, come gli scritti di tutti i primi pensatori greci, è intitolato Sulla phýsis: ma per mostrare appunto, esplicitamente, che la phýsis è l’essere. E il discepolo di Parmenide, Melisso , abbandonerà il titolo tradizionale degli scritti filosofici, scrivendo appunto Sulla phýsis o sull’essere.
Il senso dell’essere emerge nella contrapposizione dell’essere al niente. Anche Parmenide, come Eraclito, riflette esplicitamente sull’opposizione, ma egli si rivolge all’opposizione suprema, quella dove i due opposti non hanno alcunché in comune, e cioè quella dove uno dei due opposti – il niente – non è “qualcosa” che possa venire conosciuto e intorno a cui si possa parlare, ma è l’assolutamente niente, l’assoluto non-essere che non trova luogo all’interno dei confini del Tutto. Proprio perché riesce a pensare il senso assoluto del niente, Parmenide consente alla filosofia di pensare ciò che al mito non era stato possibile: il criterio in base al quale si esclude irrevocabilmente che al di là dei confini del Tutto vi sia ancora qualcosa. Al di là del Tutto non esiste alcunché, perché il Tutto è l’essere, e al di là dell’essere non vi è niente. Eppure sembra che proprio Parmenide non si avvede che la testimonianza esplicita dell’opposizione assoluta tra essere e niente – e quindi la testimonianza esplicita del senso dell’essere – viene per la prima volta alla luce solo con lui.
Aristotele, influenzato da Parmenide, afferma che già i primissimi filosofi si rivolgono all’arché e allo stoichéion di tutti gli enti, e attribuisce loro l’assioma che “dal niente non si genera niente”.
Se si tengono unite le seguenti considerazioni:
1. che sin dall’inizio del pensiero filosofico phýsis significa “essere”;
2. che per i primi pensatori tutto ciò che si genera si genera dalla phýsis e
3. che per essi dal niente non si genera niente, allora si può ritenere che in costoro la phýsis, e cioè l’essere, sia già vista nella sua contrapposizione al niente.
E tuttavia è solo con Parmenide – stando almeno a quanto sappiamo della più antica filosofia – che per la prima volta viene esplicitamente messo in luce il senso radicale di quella contrapposizione e quindi il senso autentico dell’essere”.
Da quanto precede si nota l’enorme differenza tra la costruzione logico-ontologica di Severino e l’analisi formale del linguaggio operata da Russell, come se produrre delle proposizioni corrette linguisticamente e logicamente potessero sostituire la profondità dell’ontologia.
La verità che si disvela soddisfa il profondo bisogno dell’uomo di certezza e Parmenide mostra come l’essere sia in rapporto di necessità con gli enti che per ciò stesso partecipano dell’eternità del Tutto.
Inoltre, e questo è l’aspetto più grave, l’analisi di Russell manca totalmente delle parole-concetto fondamentali nella speculazione filosofica.
Non c’è infatti nessun accenno alle essenziali parole-concetto di alétheia, sophìa, logos, epistéme “con cui i greci definivano il vero sapere che da allora acquistò un significato radicale che prima non era mai stato conosciuto, un sapere assoluto, definitivo, incontrovertibile e quindi un sapere inaudito.” (Severino, La Filosofia antica, p. 18)
Non c’è traccia, nell’esposizione di Russell del fatto fondamentale che Parmenide è il primo a porsi il problema del principio unificante del reale, Dalle cose particolari di cui ci occupiamo tutti i giorni dobbiamo risalire alla totalità delle cose, il tutto. Ma cos’è il Tutto? Severino lo spiega così “esso contiene il presente, il passato, il futuro, le cose visibili e quelle invisibili, corporee e incorporee, il mondo umano e quello divino, le cose reali e quelle possibili, i sogni, le fantasie, le illusioni e la veglia, il contatto con la realtà, le delusioni; ogni vicenda di mondi e universi, ogni nostra speranza. (Severino, ibidem, p. 20)
Ma più che l’essenza del Tutto è importante la sua esistenza. Il concetto parmenideo : ”l’essere è, e non può non essere” si rivolge precipuamente all’esistenza dell’essere e di conseguenza la sostanza è composta da tutto quanto detto in precedenza. A questo punto sorge il problema se il concetto di Parmenide è solo un concetto logico linguistico, che può essere dimostrato erroneo facendo l’analisi logica della proposizione “l’essere è, il non essere non è “ oppure ha una sostanza ontologica primaria che si presenta a noi con tale forza, si mostra alla luce con tale evidenza da non poter in nessun modo essere smentita perché essa è la luce della verità.
Secondo Russell per Parmenide : “Il solo essere vero è l’UNO infinito ed invisibile ..L’UNO non è concepito da Parmenide nella maniera in cui noi concepiamo Dio; sembra che pensi a lui come qualcosa di materiale e di esteso, dato che ne parla come di una sfera”. Materiale ed esteso perché Parmenide afferma che l’essere è come una “ben rotonda sfera.” Qui gli errori di Russell sono molteplici 1) manca totalmente un studio minimo sulle parole concetto greche di logos, alétheia, episteme, manca persino un accenno a questi concetti; 2) se Russell avesse approfondito avrebbe capito che L’uno è un principio unificatore che, come ben dice Severino “ contiene le cose visibili e invisibili, corporee e incorporee”; 3)la sfera di cui parla Parmenide non è reale ma è un simbolo che sta ad indicare la perfezione del Tutto, la sfera per i Greci, infatti, rappresentava la perfezione.
Ci si chiede a questo punto come uno studioso di fama internazionale quale è Russell possa cadere in questi errori. L’unica spiegazione logica è che avendo come pregiudizio che “la metafisica” costituisca una malattia del linguaggio per cui deve essere esclusa in partenza anche facendo forzature logiche( e dire che lui è un logico!)
Un grosso pregiudizio perché tutta l’esposizione di Russell su Parmenide è logicamente e anche culturalmente debole!
Russell fa dire a Parmenide che è il pensiero che crea la realtà ne fa in sostanza un idealista, cosa assolutamente falsa. Parmenide fa una asserzione fortissima logicamente ma soprattutto incontrovertibile ontologicamente. Dice infatti Severino: “Il senso dell’essere emerge nella contrapposizione dell’essere al niente” Ma per Russell l’ontologia non ha diritto di cittadinanza in filosofia per cui tutto il discorso di Parmenide può essere confutato ricorrendo all’analisi del linguaggio. Egli quindi capovolge il senso e il significato profondo delle parole di Parmenide e conclude:
Questo è il primo esempio in filosofia di un ragionamento esteso dal pensiero e dal linguaggio all’intero mondo. (e) non può essere naturalmente accettato per valido, …
Ma l’essere è la sola cosa pensabile ed esprimibile; qualsiasi pensare, per essere tale, è pensare l’essere, al punto che si può dire che pensare ed essere coincidono, nel senso che non c’è pensiero che non esprima l’essere; viceversa il non-essere è del tutto impensabile, indicibile e quindi impossibile. In uno dei frammenti diventato assai celebre e punto di riferimento del pensiero ellenico leggiamo: Infatti lo stesso è pensare ed essere. (Dario Antiseri, Giovanni Reale, Storia della filosofia, Volume 1: Dall’antichità al medioevo, Editrice La Scuola, 1999, pp. 58-60)
Infatti Parmenide afferma che “ essere e pensare sono tutt’uno” nel senso che, come affermano i critici e gli interpreti più autorevoli, che il pensiero è subordinato all’essere.
“Lo stesso è il pensare e ciò a causa del quale è il pensiero,
perché senza l’essere nel quale è espresso,
non troverai il pensare. Infatti, nient’altro o è o sarà,
all’infuori dell’essere, poiché la Sorte lo ha vincolato
ad essere un intero e immobile, Per esso saranno nomi tutte
quelle cose che hanno stabilito i mortali, convinti che fossero vere:
nascere e perire, essere e non-essere,
cambiare luogo e mutare luminoso colore.
(Parmenide, Poema sulla natura, fr.8, traduzione di Giovanni Reale, Rusconi)
Parmenide quindi escludeva ogni fantasia o immaginazione che fosse lontana dall’essere, anzi escludeva che si potesse pensare con l’immaginazione qualcosa di inesistente dato il ragionamento logico-ontologico che portava avanti, il logos, la via che sola conduce alla verità e alla luce in tutto il suo splendore.
Il logos infatti: “è la parola greca che, sin dall’inizio del pensiero filosofico, nomina quel lasciar parlare le cose senza imporre loro un senso estraneo, ma lasciando che esse, manifestandosi, si impongano. Eraclito dice appunto :”Non dando ascolto a me , ma al logos, è saggio(sophon) convenire che tutte le cose sono uno” Ed è ancora Eraclito ad affermare che “la sophìa è dire cose vere e farle”(Severino, ibidem p. 32)
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