Al di là della sua eterogeneità, il pensiero contemporaneo è come “una gran muta di cani che corrono tutti nella stessa direzione. Alcuni soni forti e ben fatti, altro gracili [ … ] forse a molti di loro c’è bisogno di ricordarlo, ma è chiaro che stan tutti seguendo la belva ferita” , che è la “verità definitiva e incontrovertibile. [… ] Una gran muta che è all’inseguimento non di un fantasma ma di una belva, nata in Grecia qualche secolo prima di Cristo. che fino a ieri era la regina della selva. Innanzitutto questo, infatti, è stata la filosofia, da Platone a Hegel: il tentativo di scoprire la verità assoluta” (1)
Ma chi ha ferito mortalmente la belva? Nessuno:
“Non la scienza moderna, non la società borghese, non il cristianesimo. Questi hanno solo mostrato di esser capaci a vivere senza filosofia e che anzi la filosofia è un impaccio per il modo in cui essi intendono la vita” (2)
(Il testo è di Nicoletta Cusano, C, p. 509.
(1) E. Severino, La strada, la follia e la gioia, p. 65;
(2) Ibi, p .66).