Prima dell’inizio del processo, i periti – “giudici”, nel linguaggio canonico – avevano avuto a disposizione alcuni mesi per stendere il loro “Voto”, che poi era un vero e proprio saggio sul mio discorso filosofico. Il “voto” di Fabro era il più ampio, ed egli ne trasse in seguito un libro, intitolato ‘L’alienazione dell’Occidente. Osservazioni sul pensiero di Emanuele Severino’, Quadrivium, 1981. È stato certo una delle figure più importanti del tomismo del Novecento – e mi si dice che tuttora sia la voce più seguita nelle Università pontificie. È stato molto amico di Ugo Spirito, che io conoscevo sin dal dicembre del 1950, quando ero andato a Roma per il concorso per la libera docenza. Spirito non era in commissione – che si riuniva nell’Istituto di Filosofia di cui egli, se ben ricordo, era direttore – ma era molto favorevole alla mia candidatura.
Da allora incominciò la mia amicizia con Spirito, che fece da collegamento nei miei rapporti con Fabro, molto cordiali nella sostanza, e che potevano anche dirsi di amicizia, sebbene altalenanti. Ma anche Bontadini aveva grande stima di Spirito, eppure lì la stima comune non fece da collegamenti tra Fabro e Bontadini.
(Emanuele Severino, Il mio ricordo degli eterni, Rizzoli, p. 96).