BONTADINI
«Nella concezione creazionistica – espressa nella formula: l’Immobile crea il mobile, “l’Ente crea l’esistente!” – la realtà del creato, ossia del diveniente, è tutta insidente, secondo il rapporto stesso di creazione, nell’atto creatore, tutta compresa in esso. Si deve pensare, cioè, che il creato non è nulla fuori dall’atto creatore, non sussiste indipendentemente da questo. Ora, l’atto creatore, fuori dal quale il divenire non ha sussistenza, è immobile. [..] L’affermazione dell’immobilità del Creatore equivale all’affermazione dell’immobilità del tutto reale (nulla sussiste fuori Dio, o dell’atto creatore che è identico a Dio), e perciò il divenire si appresta ad essere concepito in una luce tale per cui non possa violare tale assoluta immobilità. In questa luce è affermata l’immobilità del tutto, senza che sia soppressa la realtà del divenire.
[..]
Il divenire e l’incrementare sono inclusi in Dio, senza però che Dio sia fatto divenire o incrementare. Vi sono inclusi come posti, e posti con atto intemporale, immoltiplicabile (l’atto intemporale che pone l’ordine della temporalità): perciò il divenire e l’incremento non affettano Dio».
[Gustavo Bontadini, ‘Per una teoria del fondamento’ in Metafisica e Deellenizzazione, Vita e Pensiero, §. 24 e §. 26]
SEVERINO
«[La differenza ontologica] che non è la differenza tra due enti, ognuno dei quali sia privo di ciò che l’altro possiede: la parte che appare non è una positività che non sia inclusa nel tutto immutabile, giacché, in quanto ciò che appare è un positivo, esso dimora, come ogni altro positivo, nell’onnivolgente cerchio dell’immutabile. Ma in quanto la parte appare come non dimorante nel tutto avvolgente, in quanto cioè non appare la concreta relazione della parte al tutto, la parte non appare così come è.
[..]
La parte, che appare sola, differisce da sé in quanto avvolta dal tutto, nel senso che viene a perdere
nascondere) qualcosa di sé in quanto così avvolta. Cioè dall’apparire non si ritrae semplicemente la dimensione che eccede la parte, ma, proprio per questo ritrarsi, c’è anche un ritrarsi nella parte stessa che appare. [..] Il motivo, per il quale l’alterazione della parte che appare astrattamente (e cioè sola, come non avvolta dal tutto) deve essere intesa come un mancamento nella parte, tale motivo è dato dalla considerazione che tutto l’essere è immutabile, sì che la parte che appare in solitudine può differire da sé in quanto accompagnata dal tutto, solo nel senso che nella solitudine manchi qualcosa che invece è presente nella compagnia col tutto».

[Emanuele Severino, ‘Poscritto’ in Essenza del Nichilismo, Adelphi, p. 102-103]
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1) NATURA DEL FONDAMENTO:
– Bontadini: Il rapporto tra Dio e mondo è asimmetrico: Dio può stare senza il mondo, mentre il mondo non può esistere senza Dio. Per tutelare la differenza ontologica tra Dio e mondo, cioè tra fondamento e fondato, il fondamento non può non avere carattere personale, ovvero deve essere intelligente e avere volontà. È infatti solo conoscendo gli effetti derivanti dall’atto creativo originario, e il volerli portare all’essere, che viene tutelata l’indipendenza ontologica di Dio dal mondo. Dio conosceva il mondo prima di crearlo, e ha voluto crearlo, pur non avendo bisogno del mondo per esistere; ovvero, Dio non è necessitato, cioè condizionato, in alcun modo, dal mondo.
Il rapporto tra Dio e mondo riguarda così due realtà qualitativamente diverse legate da una asimmetrica dipendenza ontologica.
– Severino: Il mondo è integralmente divino. Il rapporto tra Dio e mondo si comprende considerando la «parte» concretamente e\o astrattamente in relazione al «tutto» («intero»). Nel primo caso la parte è compresa in relazione al tutto che la avvolge; nel secondo caso la parte è compresa isolata dal tutto che la avvolge.
Proprio perché è impossibile che il positivo trapassi nel negativo, e viceversa, le categorie che interpretano l’essere concretamente e\o astrattamente compreso giustificano: i) l’immutabilità dell’essere – che è ciò che non appare -, e ii) il divenire dell’essere – che è ciò che appare.
Solo considerando, già inizialmente, la parte come – sempre, originariamente – esistente all’interno del tutto, si vede l’impossibilità che essa trapassi nel nulla. Essa (parte), infatti, entra ed esce nel cerchio dell’apparire, senza che venga inficiata l’immutabilità dell’essere: il divenire dell’apparire dell’essere eterno, infatti, è causato dal cambiamento di direzione del fascio di luce che illumina le diverse porzioni dell’intero.
Al contrario, solo considerando la parte – non originariamente – inserita, legata, relata, nel\al tutto di cui è parte, si può comprende il suo emergere dal, e ritornare nel, nulla. Infatti, ciò che ci appare, è l’oscillare tra l’essere e il nulla, e non l’immutabilità, della parte.
Il rapporto tra Dio e mondo non riguarda così due realtà qualitativamente diverse legate da una asimmetrica dipendenza ontologica, ma la comprensione in termini concreti o astratti di ciò che è.
2) NATURA DEL DIVENIRE
– Bontadini: Diviene l’essere che emerge dal, e si reimmerge nel, fondamento
Dio, Assoluto).

Ora: sia «F» il fondamento; «|a|» un ente; «-a» il non essere di a; «+a» l’essere di a; si ottiene l’equazione (rivisitata dal §. 26 del testo bontadiniano citato): «F –a +a –a = F».
La scansione del divenire dell’essere presenta caratteri di contingenza: tutto ciò che è, è necessario che sia, così come è, fintanto che è; ma, tutto ciò che è, non è necessario che sia, in quanto tale. Ovvero: in Dio l’essere coincide con la sua essenza, così è impossibile che Dio non sia; mentre, il non-Dio esiste per partecipazione all’essere di Dio, dunque non è impossibile che non esista – in quanto tale. Il mondo può divenire (evolvere) seguendo varie direzioni.
– Severino: Diviene l’apparire dell’essere eterno, il quale (apparire) include anche l’apparire di ciò che appare. Da un lato si riconosce l’immobilità e l’eternità dell’essere; mentre, dall’altro, il divenire si riferisce unicamente all’apparire dell’essere eterno, la cui processualità è scandita dalla cieca necessità. Tutto ciò che è, è così come è, e non può essere altrimenti; allo stesso modo: tutto ciò che diviene, diviene così come diviene, e non può divenire altrimenti. Il divenire dell’apparire del mondo è necessariamente unidirezionale.