Nella struttura originaria del destino, …, l’affermazione che ciò che scompare non si annienta e che ciò che compare non era un niente prima d apparire, tale affermazione, dico, non è una fede appunto perché, se si affermasse che lo scomparire dell’essente è il suo annientamento (e che il suo comparire è il suo uscire dal niente) si affermerebbe che l’essente è niente, cioè si negherebbe l’esser sé dell’essente.
[ …] Altro è affermare infondatamente l’esistenza di ciò che non appare (questa affermazione infondata è appunto la fede), altro è affermare che ciò che non appare è eterno, perché se si negasse questo si affermerebbe che l’essente è niente (affermazione quest’ultima, che, [ … ] è ‘autonegazione’).
(Emanuele Severino, La legna e la cenere, Rizzoli, Milano 2000. pp. 166 – 167)