Da sempre il divenire del mondo è inteso come un ‘ divenir altro ‘; ma solo la filosofia greca incomincia a pensare che, nel divenir altro, l’altro sia o il ‘ niente ‘ del qualcosa che diviene, o l’ ‘essere’ di ciò che ancora è niente e che, divenendo, incomincia appunto ad essere. Solo con i Greci il divenire viene pensato cioè come processo in cui il divenire oscilla tra l’ “essere” e il “niente” (“non essere”). In tal modo la semantica del divenire diventa ‘ ontologia ‘. Da allora il senso ontologico del divenire sorregge e guida l’intera storia dell’Occidente – e innanzitutto l’intera storia del pensiero filosofico; e dunque anche il pensiero di Nietzsche (cfr. E. Severino, Essenza del nichilismo; Tautotes).
Ciò non vuol dire che la filosofia greca abbia coscienza della propria essenziale originalità. Anche in seguito tale coscienza sarà spesso assente (si pensi ad esempio a Leopardi, Marx, Freud). E anche nietzsche considera il senso ontologico del divenire come qualcosa che esiste anche prima o comunque al di fuori dell’area del pensiero greco. Parla infatti più volte del ” nichilismo buddista “, che è una delle forme più ” celebri ” di ciò che egli chiama ” nichilismo passivo “, ossia di ciò che (come il nichilismo della morale e del cristianesimo) ‘ annienta ‘ la vita. [ … ]
La morale e il cristianesimo, come il buddismo, annientano la vita affermando che ciò che ha ” valore ” sta al di fuori e al di sopra di essa. Finiscono con l’annientarla, anche se la posizione dei valori ha l’intento di favorire la sopravvivenza. Quando ci si rende conto che questo tentativo fallisce, prende piede il nichilismo “europeo”, cioè il processo in cui (come suona un aforisma di Nietzsche dell’autunno 1887) ” i valori supremi si svalutano ” . [ … ]
Certamente, la realtà che resta annientata nel nichilismo buddistico, morale, cristiano è diversa dalla realtà che viene annientata nell’elemento dionisiaco del poeta e del filosofo tragico; qui sono annientate le determinazioni particolari del divenire; là è annientato il divenire stesso, la stessa vita, la terra. Ma il senso dell’annientamento, il significato essenziale di questa parola, rimane identico. Sia il ‘ nichilismo ‘, sia il ‘ superamento ‘ del nichilismo – nella Prefazione dell’edizione 1906 della ‘ Volontà di potenza ‘ Nietzsche scrive di avere “il nichilismo dietro di sé. sotto di sé, fiori di sé” (trad. it. Bompiani, Milano, p. 4) – hanno in comune, per Nietzsche, la convinzione che l’annientamento è il processo in cui l’essente diventa niente.
(E, Severino, L’anello del ritorno, Adelphi, Milano 1999, pp. 31 – 37)