Martedì 17 aprile 2018, alle ore 18, presso la Sala “Puccini” del Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano, si è tenuto un importante evento culturale ed artistico: la prima esecuzione assoluta integrale, da parte dell’ENSEMBLE CONSMILANO MODERN diretta dal Maestro Alessandro Bombonati, del brano “Zirkus Suite”, composto da Emanuele Severino nel 1947 e mai pubblicato sino ai giorni nostri.
EMANUELE SEVERINO:«Sono imbarazzato, perché, prima di tutto, vedo dell’affetto da parte di chi ha organizzato questo evento, incominciando dal prof. Massimo Donà; l’affetto è, probabilmente, il “responsabile” della realizzazione di questa opera… dove la parola “opera” è rimbombante!
Dovrò dire che mi trovo per la seconda volta imbarazzato [nella mia vita], perché insomma, quando parlo di filosofia credo [invece] di sapere quello che dico!
Questa volta è la seconda: [la prima, infatti,] mi diedero, quando ero poco più che ragazzo, il compito di parlare in pubblico a Brescia; era il 7 marzo, ricorrenza di San Tommaso. Era la prima volta che parlavo in pubblico, [donde] l’imbarazzo di tener testa a un pubblico, il che è sempre un problema!
La seconda volta è questa di oggi, per più motivi: anzitutto il timore di dimenticare tutti quelli che devo ringraziare, perché sono parecchi e non vorrei dimenticare qualcuno.
Prima di tutto, l’amico Massimo Donà, il quale – mi ricordo – ebbe ad insistere, quando ancora esisteva ancora soltanto la partitura, scritta in un certo modo forse un poco disordinato.E poi il Maestro Modugno: abbiano pazienza se non sono capace di fare un discorso così bello come quello che ha fatto il Maestro Bombonati, perché sono parte in causa e, quindi, annaspo!
Il Maestro Bombonati, che effettivamente mi ha insegnato parecchie cose; per esempio, è stata geniale questa sostituzione del pianoforte, che pensavo come uno strumento a percussione; allora il Maestro Bombonati ha detto: “Se è uno strumento a percussione, usiamo le percussioni!”.
E poi il ringraziamento alla Casa Editrice [“Curci”] che ha pubblicato la partitura; alla “Associazione Pro Loco” di Copertino; e ovviamente al Conservatorio di Milano, “last but not least”, che ospita in modo così generoso queste cose serie e, tra l’altro, questo mio balbettamento! I ringraziamenti vanno alla Direttrice.
Certamente, il Maestro Bombonati penso che prima volesse dire: “Bisogna provare un po’ di tenerezza per questo giovane che in quei tempi – io sono vecchissimo, quindi andiamo nel ’47/’48! – ascoltava le nuove esperienze musicali. Ho un pochino di civetteria a dire che, in fondo, la “Lulu” di Alban Berg è del ’34; il concerto per due pianoforti ed orchestra di Béla Bartók è del ’43!
E quindi, mi fa tenerezza ripeto, perché… credo che non sia del tutto vero che noi siamo sempre noi stessi. Quando guardiamo al nostro passato, abbiamo davanti un “alter”; questa storia che siamo sempre noi gli stessi è un qualche cosa da ripensare. Allora vedo lì questo giovane, che recepisce le esperienze musicali del ‘900.
Mentre ascoltavo le belle cose che hanno saputo dire quelli che mi hanno preceduto, mi è venuto in mente un pensiero, che in qualche modo raddrizzi il pencolamento che ho avuto in queste prime battute!
Mi viene in mente quello che Nietzsche affermava della musica; quindi lasciamo stare la “mia musica”, che se ha qualche pregio è dovuto a chi ha avuto l’abilità di prenderla in mano, agli esecutori, eccetera. Parliamo della “Musica” [in generale].Nietzsche parlava della musica come “l’indicazione di ciò che ognuno di noi è nel profondo”.
Ognuno di noi nel profondo, diceva Nietzsche, è Dioniso, cioè l’eroe delle contraddizioni, l’eroe che nasce, muore e che quindi ha il piacere della nascita della partoriente e il piacere dell’annientamento; ognuno di noi è questo.
Nietzsche ancora non conosceva i risultati della musicologia del fine ‘800 e certi reperimenti, a proposito delle cosmogonie antiche; questa è una cosa su cui valga la pena di riflettere: il mondo nasce quando un coro di dèi canta e, cantando, muore; ognuno di essi diventa un suono addormentato in una caverna, e ogni cosa del mondo è una caverna in cui giace questo suono addormentato. E quando l’uomo incomincia a volere respirare di fronte ai pericoli della vita, e celebra la festa, allora la festa incomincia perlopiù con un grido dissonante, che tende all’unisono e l’unisono risveglia il suono addormentato della caverna, il suono del coro di dèi; di modo che la festa – e poi sarà un concetto ereditato da tutte le “feste”, compresa quella cristiana – la festa è una rievocazione della generazione del mondo.
E non è una stranezza della musicologia di fine ‘800, perché in tutti i miti, dal Pacifico fino al Medio-Oriente, in tutti i miti si parla della nascita del mondo in seguito alla morte di un Dio.Qui la morte, nel campo delle cosmogonie del grido, dell’“Ur-Schrei”, genera il mondo e attende la rievocazione, quella rievocazione che solo la musica può dare. Se pensiamo all’esperienza cristiana, anche Cristo muore per rigenerare il mondo, quindi non è un concetto così peregrino quello al quale ho accennato…… ma [dico tutto ciò solo] perché credevo di dover dire qualcosa di serio; erano seri i ringraziamenti che ho fatto, ma bisognava pure che in qualche modo non bastasse la mia gratitudine e, ripeto, grazie a tutti gli amici che sono qui, sperando di meritare la loro simpatia e la loro stima!
Grazie di cuore!».
da
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